Organismo avulso
Non omogeneo al mondo
Scheggia conficcata in un corpo estraneo, sanguinante
Guardarsi vivere automa autistico
Via di fuga alla quotidiana gabbia
Organismo avulso
Non omogeneo al mondo
Scheggia conficcata in un corpo estraneo, sanguinante
Guardarsi vivere automa autistico
Via di fuga alla quotidiana gabbia
Da quando ha avuto orecchie per ascoltare ho letto a mio figlio tante storie.
Alcune erano storie vere.
Lasciando per un attimo in disparte i sensi di colpa, posso sentirmi soddisfatta di avergli trasmesso il mio amore per la storia, per i fatti.
E così come un fatto storico andrebbe analizzato il conflitto arabo israeliano, senza le lenti deformanti delle ideologie. Quello che mi colpisce in questi giorni, ma più in generale quando si parla di questo tema così complesso è che molte persone prendono posizioni molto nette senza alcun riferimento alla storia e ai fatti che ci hanno portato sino alla crisi attuale.
Bisognerebbe ricordare che dopo la seconda guerra mondiale, quando la realtà dell’olocausto divenne nota a tutti, nei paesi occidentali la riluttanza ad accogliere gli ebrei superstiti non venne meno.
Il governo canadese espresse lo spirito di molti altri governi quando uno dei suoi esponenti sentenziò: “Neanche uno è già troppo”. Occorre anche ricordare la risoluzione 181 dell’ONU che stabilisce la spartizione della Palestina in due Stati, uno arabo e uno ebraico. Questa risoluzione, accettata dagli ebrei, non è mai stata ratificata dagli arabi. Di qui l’origine del conflitto.
Nella “Dichiarazione della fondazione dello Stato di Israele” si legge “la catastrofe che si è abbattuta recentemente sul popolo ebraico, in cui milioni di ebrei in Europa sono stati massacrati, ha dimostrato concretamente la necessità di risolvere il problema del popolo ebraico privo di patria (…) Lo Stato di Israele sarà aperto per l’immigrazione ebraica”.
Non si può parlare dello Stato di Israele, quindi senza far riferimento alla indifferenza del mondo occidentale di fronte ad un Paese anch’esso occidentale, che però è stato riconosciuto come tale dalla Santa Sede solo il 30 dicembre 1993.
Non si può parlare dello Stato di Israele senza parlare di Yitzchak Rabin, che non perse mai di vista lo scopo fondamentale di tutte le operazioni belliche di Israele: difendersi e creare le condizioni per arrivare alla pace. Fu lui che il 13 settembre 1993 giunse alla firma della “Dichiarazione dei principi israelo-palestinesi”. Rabin pur avendo diretto numerose guerre, che sono state necessarie per la sopravvivenza di Israele, diceva che “la violenza corrode i fondamenti della democrazia israeliana. Bisogna condannarla, bisogna deplorarla, bisogna isolarla. Non è questa la storia dello Stato di Israele. Questa manifestazione deve trasmettere al mondo il desiderio di pace del popolo di Israele”.
E il mondo che fa?
Leggere il romanzo di Niccolò Ammaniti e pensare che probabilmente non andrò a vedere il film.
Non so, forse cambio idea.
Il romanzo è bello e tragico, come la difficoltà di scoprirsi anche solo un istante per conoscersi.
Il mondo dentro che non coincide con il mondo fuori.
E la solitudine, la disperazione di essere trasparenti per paura di farsi male.
Una finestra su noi stessi può aprirsi solo in circostanze magiche, anche in una cantina ammobiliata, quando due estranei alla fine diventano fratelli.
La capacità di raccontare senza indulgere nel compiacimento del dolore è magistrale.
Una nonna adorata sul letto di ospedale sussurra al nipote che è brutto morire così, che il corpo ti vuole trattenere in quell’agonia.Gli chiede di raccontarle una storia, e lui vorrebbe scappare altrove, per il terrore di vedere chi ama morire.
Eppure il ragazzino si ferma, racconta e riscatta tutti i codardi, come me.
Mi sento israeliana. Vorrei esserlo. Non lo sono.
Un paese nuovo, Israele con una storia millenaria emblema dell’umanità.
Vorrei vivere accanto a persone che sono consapevoli del valore della vita e per questo vogliono rimanere vive.
Voglio vivere in un luogo che non è un luogo, ma una metafora delle divisioni che attanagliano l’umanità.
Voglio condividere il fermento culturale di un popolo giovane e ancorato alle sue radici.
Forse solo camminando per quelle vie potrò vedere la cecità di un mondo conformista e cieco che non si sforza di comprendere perchè siamo tutti ebrei, siamo tutti divisi, dilaniati e per questo uomini.
Non sono una fan di 007 e non ho più 17 anni. Eppure mi sono infatuata dell’atmosfera insieme gotica e un pò retrò di Skyfall. Daniel Craig non è solo il bel tenebroso su cui poter contare per un colpo da cecchino, è innanzi tutto un uomo che riscopre le proprie origini e che non ha paura di aver paura. Forse Skyfall ci dice che “vecchio” è bello, anche se sembra una landa desolata, e una Aston Martin è meglio di una BMW.
C’è un proliferare di scrittori e di scritti di ogni sorta. Ho ripreso, allora, uno dei miei libri preferiti, Lettere a un giovane poeta di Rainer Maria Rilke, ed ho sottolineato un brano. ” Questo anzitutto: domandatevi nell’ora più silenziosa della vostra notte : devo io scrivere? Scavate dentro voi stesso per una profonda risposta. E se questa dovesse suonare consenso, se v’è concesso affrontare questa grave domanda con un forte e semplice “debbo”, allora edificate la vostra vita secondo questa necessità.(…)Ma forse anche dopo questa discesa in voi stesso e nella vostra solitudine dovrete rinunciare a divenire poeta,(basta, come ho detto, sentire che si potrebbe vivere senza scrivere, per non averne più il diritto).”
Stucchi bianchi sul soffitto
grandi finestre sul boulevard
La libreria, la sua ombra sul parquet
pipe di ogni foggia
profumo di tabacco
passione nel raccontare
occhi di ragazza troppo grandi per vedere
Gonna arancione
Capelli ondulati
Parc Monceau
Natale come figlia è andato via,
Natale caldo come il camino acceso e come il sorriso di tua mamma
Natale festoso, acceso, Natale atteso, desiderato, amato più di ogni cosa
Tuo padre seduto a cucinare, la scarola con l’uvetta e i pinoli
Passi sciolti nella neve spruzzata sul paesaggio scolpito nel cuore
Ora il Natale è solo un ricordo,
tentativo goffo di ripercorrere passi ormai sciolti nella neve
L’italia come “deposito di cose preziose”, oppure mera espressione geografica?
Siamo stati nel tempo amati, denigrati, maltrattati in molti modi e da molti. Visitare la mostra di Paul Klee, artista tedesco che ottenne la naturalizzazione solo dopo la sua morte, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, e avvertire come questo sentimento ondivago di ammirazione e nel contempo rifiuto, disprezzo nei confronti dell’Italia sia palpabile.”Il diavolo mi porti” scrive Klee nei suoi diari nel 1902,” se questo è il mio ultimo soggiorno in Italia. Mi sono a poco a poco affezionato a ogni cosa di questo Paese, persino alla gente, le cui cattive maniere mi disgustavano in principio”. L’Italia come viaggio di formazione umanistica di tanti artisti di ogni tempo, che tanta parte ha avuto nella poetica dell’artista; il contrasto tra l’aldiquà e l’aldilà (diesseits-jenseits), celebrato in una poesia del 1920 ” Nell’aldiquà sono inafferrabile./Abito bene con i morti/ come i non nati. Sono/ più vicino al cuore della creazione./ Eppure non abbastanza”.Il viaggio in Italia inteso anche come “eterna nostalgia per il sud”, sud rappresentato nei paesaggi siciliani, inteso da Tulliola Sparagni come “Sud atemporale e dilatato geograficamente nella grande area del Mediterraneo in cui sono riunite la civiltà classica, araba e africana”.
La forte emozione provata da Klee a Villa Adriana a Tivoli”vero paradiso in terra”. “A sera, c’erano atmosfere di una gravità che, stando alle tradizionali descrizioni cromatiche, non ti saresti aspettato in Italia, se non le avessi viste di persona. Tutto questo supera in forza e fantasia, non solo, ma in serietà e nobiltà estetica quanto si è visto sinora,così che il congedo è come venato di una certa malinconia.”
E poi ” La città più bella che abbia visto in vita mia è Genova, con i suoi alti palazzi- ho contato fino a tredici piani- che sanno nascondere splendidamente la miseria.”
Anti eroi, anti conformisti insomma italiani.
Poetici, intensi, colti, come molti italiani. Semplicemente vivi, ricchi di passato, assetati di futuro. Ci appaiono così gli interpreti di questo film dove anche prendere il treno diventa puro lirismo, dove il protagonista disdegna un lavoro che gli porterebbe soldi e prestigio pur di aver modo di coltivare con dignità le proprie passioni. La poesia di frasi che arrivano dalla memoria di un bambino, sapienza di nonne mai dimenticate.
Una colonna sonora, fil rouge del film, perché la vita come la musica ha una potenza creativa a partire dalle piccole cose. La cantante, ora attrice,siciliana Thony cui auguriamo un grandissimo successo.
RECENT COMMENTS