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  • LA MIA IDEA DI UN’ ITALIA DEMODÉ (ANCHE A PROPOSITO DI LIBERTÀ DI INSEGNAMENTO)

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    La mia idea di Italia è un pò demodé; ” Un idea alta e severa dell’Italia laica, o Italia della ragione” come la definiva Giovanni Spadolini.
    Tornano attuali le parole di Luigi Salvatorelli quando scriveva “Noi teniamo fede a valori oggi eminentemente inattuali, al pensiero, alla fraternità umana, alla coscienza individuale. Ma
    non avendo interessi da difendere né ambizioni da soddisfare, possiamo permetterci di avere pazienza: la pazienza della storia”.
    Ci sono esempi “antichi” che andrebbero seguiti. Come quello di De Ruggiero, ministro della Pubblica Istruzione nel primo governo Bonomi, all’indomani della liberazione di Roma. Quando arriva al ministero ha cinquantasei anni, di cui sedici trascorsi nell’insegnamento universitario. Conosce bene la macchina della burocrazia, si avvale dei funzionari, rianimandone lo spirito di corpo. Annulla i congedi, i comandi i vari “imboscamenti”.
    De Ruggiero, laico intransigente, non ha tabù né schemi fissi. Di fronte al tormentoso nodo dei rapporti tra scuola pubblica e privata, si muove nel solco crociano, contro ogni “monopolio statale dell’educazione”, che ” non corrisponde più né al nostro ideale né alla nostra situazione di fatto, perché lo Stato uscirà così stremato dalla guerra , e il bisogno di cultura sarà così accresciuto, che il concorso di privati e di enti morali dovrà essere inteso come una necessità”. Libertà di insegnamento, dunque, nell’ambito di una visione rigorosa del pluralismo.
    Da professore universitario fa un’analisi del sistema universitario italiano impietosa ed attualissima. Pensa ad una riforma che parta dall’interno degli atenei; anticipa i lineamenti costituzionali dell’autonomia. Si rivolge ai rettori per un censimento dei problemi più urgenti. Anziché indicazioni organiche per la riforma gli giungono solo richieste per nuove cattedre e nuove facoltà.
    Con Spadolini ci domandiamo cos’è cambiato dal 1944 ad oggi?

  • BELLISSIMI ’50

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    Un ovale perfetto, il suo volto.
    Occhi blu a mandorla, sorriso luminoso e dolce.
    Nella fotografia è seduta sulla lambretta, abbigliata con un vestito dalla vita sottile e dalla gonna vaporosa.
    I capelli tagliati corti con la frangetta.
    Altre foto in bianco e nero la ritraggono mentre gioca a tennis con pantaloni al polpaccio e ballerine, o alle feste con gonne vaporose e corpetto.
    Erano favolosi gli anni cinquanta della sua giovinezza, anni di speranza sognante che si legge nei suoi occhi.
    Erano anni di povertà estrema dopo la guerra, descritti magistralmente da Sandra Petrignani nel suo nostalgico libro “Addio a Roma”. Furono gli anni che videro l’Italia “appena cicatrizzata e come sempre poverissima, esplodere fuori dai suoi confini in un’atmosfera di festa intelligente e stracciona” dice Irene Brin. In quegli anni nasce il premio Strega da un gruppo di letterati, giornalisti, appassionati d’arte, gli amici della domenica a casa di Goffredo e Maria Bellonci. Opere e personalità prendevano corpo tra gli stenti, come se la genialità dovesse fiorire più potente nella miseria.
    I giovani di allora non avevano bisogno del monito “stay hungry stay foolish”. Verrebbe da dire con Soldati che ” Quando riusciamo a vedere la bellezza, essa è sempre perduta”.
     Quante volte mia madre ha voluto rivedere con me, accoccolata accanto, il suo film preferito “Vacanze romane”, con il suo attore preferito Gregory Peck.
     La foto di mio padre che dietro gli occhialoni sembra un bambino e sulla punta della lingua quella solita domanda: ma allora come hai fatto a sposare papà? Ora mi ricordo, lei sorrideva lievemente  e non rispondeva.E la loro vita è straniera per me, che non ero ancora nata. Stranieri loro, così giovani ed entusiasti.
    Li guardo come se non fossero loro, come se fossero sconosciuti, perchè anche i genitori possono esserlo, perchè con la nostra visione parziale della realtà abbiamo troppo spesso pensato di conoscerli.
    Li guardo nella loro perfezione e mi spiego la mia imperfezione.
    L’istantanea di lei con i capelli al vento, ma pettinati, con il foulard sul battello per i fiordi norvegesi; lui con la giacca di velluto che le sorride e la cinge con un braccio.
    Da quei sogni e da quella speranza è nata la forza di cambiare il mondo.Da un amore apparentemente perfetto è nato il divorzio; dall’amore per i bambini e per le famiglie numerose è nato l’aborto.
    Sono persone fantastiche come i miei genitori, sono persone della loro generazione patinata e perfetta che hanno messo il germe degli eccessi e delle ineleganze dei tempi che viviamo.
    Forse noi ineleganti quarantenni, alla ricerca del bello come acqua di fonte, potremo ricostruire un mondo imperfetto, ma bello.

  • A PROPOSITO DI JOLIE

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    Si chiama “medicina difensiva” e consiste in tutte quelle pratiche che consentono di evitare un contenzioso medico legale.
    C’è un tipo di medicina difensiva positiva (assurance behaviour) che consiste nel cosiddetto consenso informato e nel prescrivere una serie di esami  diagnostici che possano diminuire la possibilità di risultati negativi.
    La medicina difensiva ha un costo molto alto, incide per oltre il 10% sulla spesa sanitaria nazionale.
    Il costo maggiore, però, sembrerebbe di tipo emotivo, considerate le scioccanti dichiarazioni dell’attrice Angelina Jolie a proposito della sua decisione di sottoporsi ad una mastectomia bilaterale dopo l’esame del genoma.
    Il Presidente dell’American Cancer Society ha dichiarato che a partire da quelle dichiarazioni 40 milioni di donne americane si stanno chiedendo ” se io facessi quell’esame ( ancora abbastanza costoso, ma tra tre anni costerà 30 euro, ndr) cosa mi capiterebbe?”
    Non si possono dare giudizi tranchant su decisioni così personali come sono quelle relative alla salute di una persona, tuttavia quando si assume un ruolo pubblico bisognerebbe essere molto prudenti nel pubblicizzare comportamenti discutibili che possono avere un forte impatto sull’opinione pubblica.
    Ieri a Roma, si è parlato in un convegno, al quale è intervenuto anche il candidato Sindaco Ignazio Marino,  di medicina difensiva in tempi di crisi, dei suoi costi divenuti insostenibili per il nostro Sistema Sanitario Nazionale.
    Una soluzione è stata individuata in alcune buone pratiche come quella di migliorare il rapporto di fiducia medico paziente. In Italia dovremmo ripartire da ciò che di buono esiste, ad esempio nel settore della medicina generale, che si caratterizza proprio per quel rapporto umano tra medico e paziente,  diffuso in modo capillare, che è alla base di un sistema adeguato di cura. Conoscendo il paziente e la sua storia umana, oltre che diagnostica, il medico assume anche la funzione di consigliere dotato di equilibrio e di buon senso. Ad una persona con una storia di traumi familiari legati al cancro non gioverebbe di più un medico che consigli uno stile di vita sano e controlli preventivi, piuttosto che un’esame del genoma?

  • COME DUE ANGELI

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    Cadere con la vespa in mezzo al caotico traffico romano può essere un fatto ordinario.
    Più  straordinario, invece, è essere soccorsa da due signori gentili che ti aiutano a rialzarti, si accertano che non ti sia fatta male e fanno presente a chi ti ha investito che è buona norma aiutare a rialzarsi una signora anche se non si è fatta male, offrirgli un bicchier d’acqua, un fazzoletto. Gesti semplici eppure così rari nella vita indiavolata di una città come Roma.
    Alla fine il motociclista è stato portato sulla strada della ragione dai modi educati e commoventi, ha fatto anche lui il beau geste  e la giornata è iniziata sotto il segno delle belle e ormai dimenticate buone maniere.

  • SUGGESTIONI MILANESI

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    Arrivare a Milano, le sue pietre color sabbia, i tram, la via dei giardini.
    L’aria frizzante a via del Gesù dove all’interno di un palazzo una targa ricorda la prima radiostazione di broadcasting di Milano il 10 maggio 1925 da parte di tre radio amatori tra i quali il conte Boschetti. Un pò di pioggia a Milano non guasta, mentre cammini per via Serbelloni e scorgi un grande orecchio di bronzo, dello scultore milanese Adolf Wildt. Fu concepito come un citofono ed è incastonato nella costruzione liberty di Palazzo Sola-Busca.
    Poi entrare in uno dei più antichi palazzi di corso Venezia, Palazzo Serbelloni,  dalle belle sale napoleoniche dove Joséphine de Beauharnais soggiornò. A Joséphine che manifestò a Napoleone il suo disappunto indossando lo stesso abito per due sere di seguito, Napoleone disse “Vedo che non avete avuto nemmeno il tempo di cambiarvi d’abito da ieri”.
    L’elegante metropoli ti incanta anche per i suoi locali storici, come il Café Cova, immutato anche nelle insegne, nell’accuratezza del servizio, o come il Sant Ambroeus, locale simbolo della Belle Epoque.
    Visitare a Palazzo Reale la collezione Netter dove ritroviamo, fino all’ 8 settembre 2013, i poetici ritratti di Modigliani, le vedute parigine di Utrillo ed i quadri ispirati all’arte africana di André Derain.
    Ammirare l’eleganza di quei ritratti, di quelle figure femminili dal collo lungo e dagli occhi a mandorla e scoprire che Modigliani seguiva il suo gusto a costo  non essere apprezzato sul mercato, se non dopo la sua morte. Amedeo Modigliani, detto anche “il filosofo”per le sue conversazioni di storia e di filosofia con il nonno Isacco Garsin, un giorno a Diego Rivera, che gli consigliava di dipingere paesaggi urlò, di fronte ad un Picasso ammutolito, ” Paesaggi! Ma non farmi ridere, il paesaggio non vive!”
    Al Teatro alla Scala due figure eteree, Bolle e Zakharova, danzano Gisèle, e tornare ad emozionarsi anche solo per l’orgoglio di essere italiani.

  • COME AVVIARE L’ITALIA SULLA VIA DELLA SPERANZA

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    E’ singolare come il nostro Paese che dovrebbe essere tra i più cattolici e che per tale ragione spesso viene tacciato di scarsa laicità, in una materia importante come quella delle politiche familiari non disponga nemmeno di un ministero.
    L’unico Ministro a rivestire tale incarico è stata Rosy Bindi dal 2006 al 2008. Dal 2008 fino al 2011 il delicato compito di dare sostegno alle famiglie è stato retto da un sottosegretario.
    Un Governo di larghe intese come quello in carica, dovrebbe  porsi obbiettivi seri e ambiziosi come quello di immaginare un modo di vita che permetta alle famiglie di vivere meglio.
    Occorrerebbe studiare, magari con l’ausilio di una commissione di esperti, le misure adottate da paesi come la Francia che hanno saputo aiutare, ormai da diversi decenni, la crescita a partire dalle famiglie.
    Servirebbero misure organiche per un programma di aiuti che prevedano da un lato la semplificazione del sistema dei sussidi familiari, dall’altro la riduzione proporzionale delle imposte con l’aumento del numero dei figli,  l’aumento dei posti nido anche con programmi di riqualificazione edilizia e di edilizia scolastica.
    La speranza non è solo una virtù teologale, ma è un modo di vivere e di interpretare la società in modo positivo.

  • LE QUIRINARIE FOGLIANTI

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    La boutade fogliante è una bella provocazione.
    Per quanto riguarda la candidatura di Massimiliano Latorre, però, non ci scherzerei troppo.
    Mi sembra infatti che sulla pelle dei due militari Italiani si siano esercitate troppe cialtronerie, imperizie e colpe gravi.
    Io naturalmente sarei onorata di avere come Presidente della Repubblica un Servitore dello Stato che ha messo la propria vita a servizio della Nazione. Non mi sembra, però, che le Istituzioni che ci rappresentano abbiano preso sul serio il compito di tutelare l’incolumità dei nostri militari in missione internazionale nelle opportune sedi. Molto ancora si può e si deve fare. La domanda è: cosa aspettiamo?
    Nel frattempo io voto senz’altro Massimiliano Latorre for President!

  • LA CURA DEL MALATO TRA “DECOTTI” E MEDICI UMANI

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    Ho letto il bellissimo articolo di Nicoletta Tiliacos “Il decotto della Regina”, su Il Foglio di sabato, che parla di un’erba magica, la”belladonna”, di un guaritore bulgaro esperto conoscitore di piante medicinali, della Regina Elena e della bellissima storia della nascita di una sezione del Policlinico di Roma, l’Istituto Regina Elena per lo studio e la cura dell’encefalite.
    L’articolo parte da una idea intuitivamente valida, che il metodo scientifico, inteso come processo razionale di passi successivi e obbligati, ben padroneggiati da esperti delle volte deve cedere il passo all’intuito dei profani, di chi come Jack Andraka, un quindicenne del Maryland, ha scoperto un metodo semplice e poco costoso per diagnosticare vari tumori.
     E poi penso all’ultimo libro di Pierluigi Battista, La fine del giorno, che parla anche  del sentimento di “delusione per una medicina che si crede onnipotente, e che invece con il cancro svela tutt’intera la propria desolante impotenza, scatena un’aggressività esacerbata verso chi è considerato sacerdote della scienza “ufficiale” e alimenta la tentazione di aggrapparsi alla speranza di qualche remota soluzione magica”. Quanti sono i “viaggi della speranza” di persone che pur di guarire i propri cari li sottopongono a pellegrinaggi verso cure che sono solo illusioni e poi alla fine quasi una violenza verso i malati e i parenti.
    Pierluigi Battista affronta anche un altro aspetto molto vero. “Basta vedere all’opera l’impegno davvero ammirevole dei medici e degli infermieri, per capire quanto fossero deliranti e paranoici i sostenitori del complotto dei “camici bianchi”. P. aveva saputo che molti , tra quei medici, avevano alle spalle storie di lutti e di tragedie legati al cancro e avevano intrapreso la strada della clinica oncologica quasi mossi da un ideale di risarcimento, da un senso di missione”. Spesso non ci rendiamo nemmeno conto di quanto siano bravi i nostri medici in Italia. Mio padre è stato curato in modo eccellente per sette anni al Policlinico Gemelli. L’eccellenza è riferita non solo alla perizia con cui quei medici ” si aggiornano con rigore e passione”, ma anche all’aspetto umano a quella loro capacità molte volte di stabilire un rapporto di amicizia e aggiungerei di reciproca fiducia con i malati. E’ stata ormai riconosciuta l’importanza dell’aspetto psicologico nella cura dei tumori, ma l’impressione è che non si faccia abbastanza, e dopo tanti anni sono arrivata alla conclusione che bisognerebbe essere molto cauti nel comunicare diagnosi che suonano come inappellabili condanne.
    “…Ma era evidente che nei suoi occhi le domande e i dubbi soppiantavano le certezze. Qualunque bugia, in fondo, sarebbe stata meno atroce della verità.”
    Sono dubbi, quesiti che si pongono molti malati, molte persone che si domandano perchè non si possano armonizzare le scoperte della medicina moderna con pratiche e saperi più antichi come quelli sulle erbe medicinali, l’agopuntura e tutto ciò che consideri la cura dell’uomo come ricerca e perseguimento del suo benessere, come considerazione della persona umana nel suo complesso.
    Sono dubbi che hanno a che fare anche con un’intuizione elementare, che la persona umana è un unicum che non può essere separato, parcellizzato, sezionato e che nella cura del malato si debba considerare l’individuo nella sua globalità.

  • LES YEUX DE STALIN, LA VOIX DE MARILYN

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     Henry Kissinger subì, come molti altri, la fascinazione per Mitterrand e alla sua domanda sulle sue impressioni  sulla Pyramide del Louvre, rispose “Cosa ne penso? Esattamente la stessa cosa che penso della vostra politica: quando ho sentito parlare del progetto non mi è piaciuto per niente; ma quando ho visto la sua realizzazione, l’ho ammirato.”
    Come tutti i grandi uomini Mitterrand aveva rispetto, ammirazione delle volte, per uomini politici di idee diverse dalle sue. “Dal loro primo incontro fu attratto dalla forza delle sue convinzioni e dal suo charme indefinibile”racconta Jaques Attali, per vent’anni suo principale consigliere, nel suo libro “C’était François Mitterrand”, a proposito del suo primo incontro con Margaret Thatcher.
    Pare che l’infatuazione che lo portò a proferire la famosa frase ” Elle a les yeux de Staline et la voix de Marilyn Monroe” fu presto ricambiata. Non a tutti piaceva lo sguardo perçant, la sua allure da ultimo monarca di Francia, o  il timore reverenziale che incuteva su chiunque all’Eliseo si fosse imbattuto in quella ragazzina in gins e scarpe da ginnastica, Mazarine sua figlia “segreta” di cui tutti sapevano e di cui nessuno osava parlare. La Lady di ferro, che avrebbe dovuto detestare un alleato dei comunisti, un letterato che non si interessava alle questioni economiche, cedette presto al suo charme intellettuale e lo considerò uno dei suoi alleati più fedeli. Sembra che lei non abbia mai dimenticato la solidarietà espressa, contro l’avviso del Quai d’Orsay, il giorno dell’attacco alle Isole Falkland ed il voto, a fianco dell’Inghilterra, espresso all’ONU. Di Mitterrand lei più tardi disse ” Nessun altro presidente francese avrebbe fatto questo per la Gran Bretagna. Crede in valori semplici, come me. E l’Alleanza, come l’Europa, è un valore semplice.”
    Quando fu costretta a lasciare Downing Street, Mitterrand la rimpianse dicendo ” Era un avversario, ma almeno aveva una visione. L’impopolarità non le faceva paura.” Erano le doti, avere una visione politica e l’indifferenza alle critiche, che, secondo Mitterrand, facevano di lei un capo di Stato.

  • LA FINE DEL GIORNO

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    Ripenso a quei corridoi enormi e bianchi percorsi milioni di volte. La luce del sole dalle grandi finestre e nello stomaco un enorme pugno chiuso che mi impediva di crollare e che anzi mi spingeva, mi dava un passo sicuro sui miei alti zatteroni estivi. Dovevo chiudere le lacrime nel pugno,far brillare   quegli occhi che vagavano smarriti. Dovevo trasmettere a mio padre, ricoverato per l’ennesima volta, un “senso di normalità” pur essendo malato di un tumore. Provo disagio ancora a nominare una parola innominabile. Ho vissuto anni in cui tutti noi, la mia famiglia, abbiamo costruito un muro di protezione (o così credevamo) intorno a lui, non pronunciando quel nome che suona come una condanna. “Cancro suona come un’espressione socialmente sconveniente, circondata da tabù, reticenze, silenzi scaramantici” come dice Pierluigi Battista nel suo ultimo libro.
    Sono ricordi che fanno ormai parte di me, tornati fuori in modo prepotente leggendo l’ultimo libro di Pierluigi Battista,”La fine del giorno” un diario. Il diario di una malattia impronunciabile che ha colpito sua moglie.
    E’ un atto di coraggio scrivere di fatti personali tanto dolorosi e riuscire a scriverne senza sbavature di autocommiserazione. Ogni pagina di questo diario fa trasparire la  “profonda ripugnanza” per quella “orribile escrescenza del dolore che è l’autocommiserazione, una forma spaventosa di egocentrismo del superstite, un sentimento riferito solo a sé stesso e non alla persona che ha subito il massimo dell’affronto e non è nemmeno più in grado di lamentarsene”.
    Ogni pagina di diario ci riporta alla “solitaria Adirondack di colore rosso e di struggente malinconia… il soggetto di un’opera di Paul Schulenburg esposta in un museo intitolato a uno degli artisti che lei amava di più Eduard Hopper”. L’immagine che ci rimane leggendo il libro è quella bellissima del suo “fiero atto di ammutinamento morale, il rifiuto di farsi annichilire come persona integra, non riconducibile all’unica e totalizzante condizione di inferma incapace di vivere”. Non perdere il senso dell’ironia,non smettere di canzonare amabilmente, rimanere aggrappati alla “normalità”, che può essere rappresentata dallo scambiare un’enorme libro sui tumori, con un’enorme granchio, karkinos, sulla copertina, per un libro sui segni zodiacali. Perchè quella normalità è vita e perchè la vita è fatta di speranza, che è l’unica cosa che vorremmo non ci venisse mai tolta e che solo persone grandi riescono ad avere sempre nascosta in un angolo del cuore.
    Leggere questo diario, e ripiombare in quell’indescrivibile coacervo di sentimenti che si provano anche solo leggendo una pagina memorabile dell’ Idiota di  Dostoevskij dove si descrive il drammatico sentire del condannato a morte. “Se potessi non morire! Se si potesse far tornare indietro la vita, quale infinità! E tutto ciò sarebbe mio. Allora trasformerei ciascun minuto in un intero secolo, non ne perderei nulla, terrei conto di ogni minuto e non ne sprecherei più nessuno!”