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  • UN CHÂTEAU EN ITALIE

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    Sono andata a vedere questo film da sola. Dopo essere fuggita da una giornata faticosa.
    Era rimasto solo un posto in ultima fila.
    Un film sulle apparenze. Sul fatto che spesso giudichiamo le persone per quello che hanno e non per quello che sono. Che sia un film autobiografico oppure no, mi è sembrato un film sull’infelicità, che spesso si nasconde dietro una falsa apparenza, sui legami familiari, che sono all’origine delle nostre nevrosi.
    Un film su una donna, su una famiglia che non sembra tale.
    Un film su una vita che cerca di fare posto alla vita. Un film alla ricerca di cose grandi. All’uomo che si è invaghito di lei dice che cerca l’amore, vuole dei figli, si siede su sedie miracolose. Lui odia masturbarsi in ospedale, non vuole figli. Eppure si amano. Lui cade dalla vespa, ha l’aria imbambolata, troppi ricci in testa, ma sembra il più simpatico, il più vero.
    Peccato che non sia autobiografico e che la regista Valeria Bruni-Tedeschi non abbia veramente piantato un nuovo ippocastano al posto del vecchio, malato.

  • MIA SORELLA

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    Il suo viso, i suoi lineamenti armoniosi, il suo incarnato. Il suo silenzio. Il suo umorismo: “mi hanno farcito come una faraona”, all’indomani di una lunga operazione per combattere un male il cui solo nome terrorizza.
    Le infermiere ci sgridano, nella stanza c’è troppo chiasso. “Vi sembra la stanza di una paziente appena uscita da una complessa operazione?” ci apostofa l’infermiera. “No, per fortuna!”. Non c’era quel compatimento peloso di quelle persone che partecipano solo apparentemente al dolore degli altri, c’era allegria e fiducia che le cose sarebbero andate per il meglio.
    Al secondo passaggio, ci impone di abbassare la voce. Che ci possiamo fare se siamo felici di vedere lei di nuovo in mezzo a noi, con la sua vitalità, simpatia e bellezza intatte!

  • CANOTTAGGIO JE T’AIME!

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    Amo il canottaggio per motivi futili. Lo amo da quando ho visto uno dei miei film preferiti, Sliding doors. Lo amo perché in quel film Gwyneth Paltrow fa il tifo per il suo fidanzato James ed esulta guardando sfilare le barche eleganti sul Tamigi. È puro senso estetico, ritmo e benessere.

  • ERWIN BLUMENFELD, L’UOMO CHE FOTOGRAFAVA DONNE BELLISSIME

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    Il mio pezzo pubblicato su Europa quotidiano sulla fantastica retrospettiva al Jeu de Paume a Parigi su Erwin Blumenfeld “The Man Who Shot Beautiful Women” www.europaquotidiano.it/2013/luomo-che-fotografava-donne-bellissime

  • IL SILENZIO, MIA SORELLA

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    Erano attimi che potevano durare mesi, erano frazioni del tempo dell’anima non quantificabili dove avveniva quel miracolo niente affatto anagrafico di capire una volta ancora di essere sorelle.
    Tutto era iniziato un giorno o forse un altro. Non accadde certo quando nacque sua sorella, ma un pò più tardi.
    Le insegnava come si doveva fare per mettere la fiala nella flebo. E sembrava un carro armato.
    Niente sembrava scalfirla. Sua sorella, invece, era un fuscello, una foglia gracile e mobile ad ogni sbuffo di vento. La guardava e cercava di imparare da lei qualcosa che non si può apprendere.
    Perché se sei uragano trascini ogni elemento, particella che incontri. Se sei brezza puoi al massimo muovere una ciocca di capelli come in una carezza.
    L’uragano con quel suo andare ondivago e un pò violento mette in campo tutta la sua energia. Poi si placa, poi rinasce dopo aver fatto volare case, automobili, alberi. La brezza non ha quest’energia, tutt’al più può dar refrigerio in un mattino d’estate, ma non solleva nessuno, né trascina.
    Non si può imparare ad essere uragano.
    Mettere la fiala, fare iniezioni, massaggiare piedi dove la circolazione si è quasi fermata scuote nel profondo. Come passare mattine e pomeriggi interi per corridoi bianchi e immensi, fare file con un numero, perennemente sospesi in un tempo ovattato dove tutto si ferma nei visi delle persone, nello sforzo sovrumano di  vedere chi si ama soffrire.
    “Sto imparando. Devo ancora imparare a scrivere, a parlare.”  scrive mia sorella ( Il silenzio, Storie in 100 parole, L’Estroversa), e mi dice che le cose importanti spesso restano chiuse nel cuore.

  • L’INTERVISTA DI LETTA.DA DOROTEO A MARMOTTA

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    Se non fossi sicura di aver assistito ad una intervista in diretta su Rai Tre, potrei immaginare che si sia trattato di un fatto surreale. Il Capo dell’Esecutivo che si fa intervistare subito dopo l’incontro con il Capo dello Stato, in un momento drammatico per il nostro Paese.
    Forse è arrivato il momento di prendere coscienza che i mali dell’Italia non sono tutti attribuibili a Berlusconi, ma anche a chi da sinistra, in un tale momento pronuncia frasi esilaranti degne di comici che in Italia assurgono alla dignità di politici.
    Il Presidente Letta afferma che il suo Governo ha riformato la giustizia civile introducendo l’istituto della mediazione obbligatoria. Senza andare nel merito vorrei solo dire ciò che gli addetti ai lavori sanno molto bene; ciò che serve è un intervento organico come è stato fatto per il processo Amministrativo con una riforma che ha permesso di smaltire il vecchio contenzioso e tempi certi di trattazione dei provvedimenti di urgenza.
    Il problema della giustizia è un problema anche politico, non solo tecnico ed il fatto che Letta si affretti a dire che bisogna tenere separati i “piani” non aiuta. Appare quanto meno ipocrita negare la necessità di riformare anche il processo penale con l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale in un sistema accusatorio che in Italia si articola nella sostanziale supremazia della parte inquirente rispetto alla difesa e nell’assenza di garanzie sostanziali di terzietà del Giudice in mancanza di una separazione della carriera inquirente da quella giudicante. Affermare che la riforma della Giustizia non è un problema che riguarda Berlusconi è sbagliato ed è il vero motivo di questa crisi. Occorre un dibattito parlamentare su questo tema, occorre affrontare la realtà di una giustizia malata dove un Pubblico Ministero per farsi pubblicità e per far carriera decide quali fascicoli istruire. Non affrontare questi problemi, parlare con voce pacata de “Il giorno della marmotta” non è degno del Capo di un Governo, non è degno di un Paese come l’Italia.E poi lo chiamano doroteo.
    multimedia.quotidiano.net/video/politica/letta-berlusconi-e-come-il-giorno-della-marmotta-videodoc-il-premier-da-fazio-cita-il-film-ricominci-qn-50240

  • STANCHI DI IDEOLOGIE CHE CONTAMINANO LA SCUOLA

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    La scuola pubblica italiana dovrebbe essere il primo punto del programma di un governo che abbia a cuore il cambiamento e la crescita dell’Italia.

    Ho frequentato la scuola pubblica dall’asilo fino all’Università e sono testimone del fatto che spesso ha raggiunto livelli di eccellenza, tuttavia come specchio dell’evoluzione (o involuzione) sociale risente della forte crisi che sta attraversando il nostro Paese.
    Innanzi tutto la scuola pubblica dovrebbe favorire l’accesso indiscriminato di tutti. In secondo luogo se si tratta di scuola con indirizzo internazionale dovrebbe favorirsi l’ingresso di chi conosce perfettamente più di una lingua.
    Ieri ho fatto un colloquio con la preside di un Liceo romano. Ho manifestato l’esigenza di trovare una scuola che prevedesse la possibilità per un ragazzo che svolge uno sport a livello agonistico e che ha allenamenti giornalieri, di frequentare anche un buon liceo.
    Ho chiesto quindi gli orari, e la politica della scuola nei confronti dei ragazzi che praticano sport.
    La preside non è stata in grado di dirmi gli orari di uscita e mi ha comunicato un monte orario sbagliato (36 ore anziché 32 come risulta dal sito della scuola che per il momento non voglio nominare).
    Mi è stato detto che non si può considerare la pratica di sport agonistico come credito formativo, perchè altrimenti si introdurrebbe un elemento discriminante verso coloro che non hanno questo talento.
    La stessa preside ha affermato che la  perfetta conoscenza di una o più lingue, pur parlandosi di liceo con indirizzo internazionale, non può valere come punteggio per l’ingresso, perchè altrimenti si discriminerebbero coloro che non hanno potuto permettersi lo studio delle lingue.
    La conclusione è che quel liceo romano discrimina di fatto chi ha talento nello sport, avvalorando lo stereotipo secondo cui chi lo pratica non possa ambire ad un tipo di istruzione di eccellenza.
    Viene anche discriminato chi ha acquisito con sforzo e sacrificio la conoscenza delle lingue straniere dando per scontato che chi va alla scuola privata sia un “privilegiato”.
    Ci troviamo quindi di fronte ad un caso, non isolato purtroppo, di trionfo dell’ideologia degli stereotipi sui fatti. I fatti sono che numerose ricerche hanno dimostrato come chi pratica lo sport a livello agonistico ha anche i migliori risultati scolastici ed è per questo che nel sistema universitario anglosassone viene considerato criterio preferenziale per l’accesso.
    Fino a quando continueremo a formare la futura classe dirigente del nostro Paese senza favorire lo studio delle lingue e senza criteri che valorizzino il merito?
  • DOWNTON ABBEY MANIA

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    ” Ho cercato nel gesto del guardare il primo passo per cercare di comprendere”. In questa frase del fotografo Luigi Ghirri, in mostra al MAXXI fino al 27 ottobre, potremmo ritrovare una delle ragioni dell’enorme successo della “Downton Abbey” saga.
    Mi riferisco allo sguardo di Julian Fellowes, vincitore di sei Emmy Awards per la prima serie, ma anche autore di romanzi di successo come Snob e Un passato imperfetto.
    Ammirando l’arguta contessa madre, interpretata dalla simpaticissima Maggie Smith, cogliamo il suo sguardo  distaccato, ma anche ammirato verso l’aristocrazia inglese.
    I giornali popolari hanno scritto molto sulla freddezza della plurisecolare classe dirigente britannica, ma non è la mancanza di sentimenti a distinguerli dal resto dell’umanità, quanto piuttosto l’abitudine a non esprimerli. Naturalmente questo per loro non è un difetto, e non apprezzano l’esibizione delle emozioni negli altri.
    Lo sguardo di Fellowes è benevolo, ed è per questo che le battute sprezzanti della contessa madre, che afferma che la visione pessimistica delle cose fa molto “piccolo borghese”o, rivolta alla nuora che le dice ” allora siamo diventate amiche'”, “no cara, siamo alleate, un legame di gran lunga più efficace.”, la rendono simpatica, esilarante. Forse è proprio questa leggerezza del saper vivere, questa tradizione di dare un nome alle loro case, intendendo per “casa” solo la tenuta di campagna e non l’appartamento di città, che sarà sempre chiamato “appartamento”.
    Forse la disciplina ferrea che si impongono nell’osservare le loro regole inderogabili, che generano anche il senso di appartenenza a un club, può spiegare la fascinazione ed il successo di questa serie, in un mondo dove ormai tutto è permesso e dove anche nell’arte il buon gusto e lo stile sembrano aver definitivamente ceduto il passo ad un sedere in bella mostra con attributi dondolanti,come dimostra l’ esposizione  di Francesco Vezzoli al MAXXI.
    La profetica esclamazione di Maggie Smith che festeggia il capodanno del 1920  sottolineando come sia incredibile quante cose abbiano superato (la grande guerra)  domandandosi cos’altro  riserverà loro il futuro, suscita in noi la curiosità di sapere come avrebbe apostrofato chi avesse osato chiedere il suo parere sull’abolizione dei termini “madre” e “padre” dal linguaggio della burocrazia.
    Attendiamo quindi ansiosi, indossando magari la nostra giacca di tweed per immedesimarci meglio, la terza e la quarta serie.

  • L’ERRORE DI BERLUSCONI

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    L’errore più grande di Berlusconi?

    Non aver avuto uno “sguardo” nuovo sull’Italia. Una visione potente che avrebbe permesso di superare gli stereotipi consolidati che ci impediscono di concentrarci sull’enorme potere di cambiamento che c’è in Italia.
    Siamo capaci di distruggere e di ricostruire cose meravigliose. Berlusconi non ha avuto fiducia negli Italiani, nel cambiamento, nella capacità di svincolarsi dalla gabbia dei meschini, è stato inghiottito dalla visione di un’Italia zoppa che cammina all’indietro appoggiata sul bastone della magistratura.
  • SULLA RETROSPETTIVA SUL COUTURIER ALAIA AL MUSEO DELLA MODA DI PARIGI

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     Il mio pezzo sulla retrospettiva su Azzedine Alaia al museo della Moda di Parigi fino al 26 gennaio 2014, pubblicato su www.europaquotidiano.it/2013/16/a-parigi-lhaute-couture-di-azzedine-alaia