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  • DESERTO, UN MIRAGGIO

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     Mi è sembrato di vedere il deserto, le dune ondulate che si muovono in un mare di sabbia rossastra,
    uomini silenziosi che conducono i dromedari dalle zampe rigonfie come cuscinetti.
    Ho sentito il sole che mi riscaldava e il vento che scuoteva le mie certezze.
    L’andatura lenta, il lamento buffo del piccolo dromedario, la velocità delle nostre vite che corrono alla ricerca di chissà cosa.

  • APPUNTI DI VIAGGIO IN MAROCCO

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    Ho amato i colori variopinti dei veli delle donne, i sorrisi sereni mentre lavano i panni nel fiume, mentre camminano tenendo per mano i bambini.
    Ho amato gli asini, mezzo di trasporto diffuso sia nei villaggi che nella medina di Marrakech, che trottano per le stradine mentre portano ceste o trascinano piccoli carri.
    Ho amato le case squadrate fatte di terra rossa e paglia, i teli variopinti tessuti e ricamati da donne che si danno il cambio per non affaticarsi troppo.
    Ho cambiato la mia diffidenza verso le tradizioni di questo Paese in ammirazione per regole che sono sintomo di un senso forte di identità, il cui rispetto non sembra rendere schiavi, ma piuttosto liberi.
    Di fronte alla loro presunta arretratezza, mi sono vergognata della nostra arroganza nel chiamare libertà una presunta superiorità nel riconoscimento dei diritti delle donne.
    Viaggiare, guardare con i propri occhi, senza pregiudizi, aiuta a capire, a vedere il mondo con occhi nuovi.
    Penso che un popolo che conserva le proprie tradizioni non è un popolo arretrato
    e mi domando perché l’Italia non possa fare altrettanto.
    Mantenere, proteggere le proprie tradizioni che sono ricchezza e identità.

  • MALEVIC, LE AVANGUARDIE RUSSE

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    Ho visto questa mostra  allo Stedelijk, un museo luminoso, concavo come una vasca, che si apre sulla spianata dei musei ad Amsterdam e ne ho scritto su europaquotidiano www.europaquotidiano.it/2014/02/06/malevic-come-non-si-era-mai-visto/

  • UNE STUPÉFIANTE COMPLEXITÉ

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    Passeggiavo con Pia, il mio cane, nel giardino della scuola e mi domandavo se  nella vita era tutta questione di “fortuna”.

    L’associazione di pensiero mi riportava al nome dell’ unico coniglio avuto in casa, che Francesco e Beatrice avevano chiamato”fortu”, fortunato, almeno fino al giorno in cui Pia lo sbranò.
    E non sono nemmeno riuscita a mantenere il segreto per evitare che Francesco a sei anni scoprisse che il suo cucciolo di labrador aveva ucciso il suo coniglio adorato e, con un moto improvviso della bocca, scagliato fuori dalla vasca le due tartarughe acquatiche. In un pomeriggio il mio cane aveva sfatato due luoghi comuni; che il labrador fosse un cane mansueto e che fosse particolarmente adatto ai bambini.
    Era un pomeriggio limpido e freddo ed il colore del cielo si illuminava di giallo e arancione. Mi venne in mente l’osservatorio astronomico di New York dove, seduti su comode poltroncine nere, assistemmo alla nascita dell’universo e delle stelle. Mi ritornava in mente quella strana sensazione di essere seduta in una navicella spaziale, da dove osservi il cielo e le stelle a 360° e l’emozione che mi provocò la rappresentazione cinematografica della teoria del Big Ben. Non ricordo molto della teoria dell’espansione dell’universo, ma solo che mi colpì il fatto che ad un certo punto con la forza di gravità le regioni dell’universo più dense cominciarono ad attrarre materia e così nacquero le stelle, le galassie ed i pianeti in un moto rotatorio che mi dette quasi le vertigini. In quella prospettiva la mia stessa vita assumeva la consistenza di un granello e quella visione, il fatto di attribuire al “caso” la nascita di tutte le cose, mi lasciava imbambolata, intrappolata in un mondo sospeso, un mondo stupito dalla complessità dell’esistenza.
  • COULD IT BE MAGIC

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    Zaffate di marijuana non solo vicino ai coffee shop; giovani, vecchi strafatti di noia. Succede anche a Roma, niente di strano. Solo che è Natale. Solo che quelle luci che si vedono dalle finestre senza tende, riflesse sui canali sembrano fredde reminiscenze di un quadro di Avercamp.
    “Could it be magic”, potrebbe essere di nuovo magico, come i festosi Natali di quando ero bambina.
    In cinque stipati nell’Alfetta, pieni di regali, di formaggi puzzolenti e di soffici blinis. Fermarsi a Torino perché nevica troppo, la neve che attecchisce, le risate e la paura. Potrebbe essere di nuovo magico l’albero che si riempie di doni la mattina, i bambini con gli occhi grandi incantati, si lasciano scivolare piano piano sui gradini delle scale.
    L’unica droga che desidero è la musica dei miei ricordi.

  • IMMORTALITÀ INTERMITTENTE DELLA YOURCENAR

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    Cosa augurare per Natale? Leggere o rileggere  le memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar:
    “La pace s’instaurerà di nuovo tra le guerre; le parole umanità, libertà, giustizia ritroveranno qua e là il senso che noi abbiamo tentato di infondervi. Non tutti i nostri libri periranno; si restaureranno le nostre statue infrante; altre cupole; vi saranno uomini che penseranno, lavoreranno e sentiranno come noi: oso contare su questi continuatori che seguiranno a intervalli regolari lungo i secoli, su questa immortalità intermittente”

  • OCCHI BLU COBALTO

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    Gubbio,
    la casa sempre uguale e così diversa.
    Sogno mamma bionda, con gli occhi blu cobalto che mi dice ” Ti sono vicina, ma sono morta”
    Cerco significati; significa che ci sei anche se non ti percepisco, oppure che sono morta anch’io;
    significa che la morte è una barriera apparente perché gli esseri che si amano non sono separati nemmeno dalla morte.
    Mi ascoltava, mi consigliava.
    Solitudine. Malinconia.
    Il prato di Gubbio è secco, domani è S. Elena. Ciao Mamma tanto amata. Vorrei che fossi qui, ma forse ti saresti troppo preoccupata, conoscevi la mia sensibilità e la mia vulnerabilità.
    E’ triste rendersi conto e non saper reagire. E’ triste Gubbio senza te.
    E’ triste il cielo stellato senza te.
    Esprimo un desiderio, ma ormai non avrebbe senso avere un figlio senza te.
    Amore materno, amore totale, mi sorprendo a fare le tue stesse mosse, gli stessi sacrifici, senza assomigliarti nemmeno un poco, perché non si può assomigliare all’Amore.
    Coda di cavallo, frangetta corta, gonna gonfia, speranza nel futuro, sogni di ragazza.
    Tu sei sempre nei miei pensieri. Sei in quello che faccio anche se non ti penso.

  • ALICE 1

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    Mi chiamo Alice.
    Ho quindici anni e netta la sensazione di non appartenere a questo mondo.
    C’è qualcosa di ingombrante che si libera solo nella musica, quando ballo. E’ una sensazione indescrivibile, una sbornia colossale senza alcol e senza droghe, la libertà dell’animo di volare.
    Non ho più paura di non piacere, mi dimentico di me, dei miei capelli ribelli, della mia faccia che non mi piace. Mi dimentico il mio nome, troppo significativo.
    Mi dimentico anche della gonna arancione, della vergogna di passarti davanti indifferente, delle risate di quelle sceme che dicono di essere mie amiche.

  • 21 RUE LA BOÉTIE

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    “Farò il ritratto a tua figlia disse Picasso, ma Anne Sinclair disse “No!” scappando spaventata “immaginandomi con gli occhi al centro del viso, una specie di faccia storta (è così che chiamavo i ritratti del periodo di Dora Maar e degli anni della guerra che non sono mai stati i miei preferiti)”.
    Il suo libro parla di suo nonno, Paul Rosemberg e dell’arte contemporanea che fu bollata dal nazismo come EK: Entartete Kunst, arte degenerata.www.europaquotidiano.it/2013/11/14/Il-tesoro-dei-nazisti-e-le-memorie- di- Anne-Sinclair

  • L’ALLURE DI UNA NEVROTICA SIMPATICA

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    Valeria Bruni Tedeschi: la simpatia, l’autoironia e le nevrosi di chi rischia di non passare per la cruna di un ago www.europaquotidiano.it/2013/11/09/Valeria-Bruni-Tedeschi-la-famiglia-è-il-mio-motore