Stucchi bianchi sul soffitto
grandi finestre sul boulevard
La libreria, la sua ombra sul parquet
pipe di ogni foggia
profumo di tabacco
passione nel raccontare
occhi di ragazza troppo grandi per vedere
Gonna arancione
Capelli ondulati
Parc Monceau
Stucchi bianchi sul soffitto
grandi finestre sul boulevard
La libreria, la sua ombra sul parquet
pipe di ogni foggia
profumo di tabacco
passione nel raccontare
occhi di ragazza troppo grandi per vedere
Gonna arancione
Capelli ondulati
Parc Monceau
Natale come figlia è andato via,
Natale caldo come il camino acceso e come il sorriso di tua mamma
Natale festoso, acceso, Natale atteso, desiderato, amato più di ogni cosa
Tuo padre seduto a cucinare, la scarola con l’uvetta e i pinoli
Passi sciolti nella neve spruzzata sul paesaggio scolpito nel cuore
Ora il Natale è solo un ricordo,
tentativo goffo di ripercorrere passi ormai sciolti nella neve
L’italia come “deposito di cose preziose”, oppure mera espressione geografica?
Siamo stati nel tempo amati, denigrati, maltrattati in molti modi e da molti. Visitare la mostra di Paul Klee, artista tedesco che ottenne la naturalizzazione solo dopo la sua morte, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, e avvertire come questo sentimento ondivago di ammirazione e nel contempo rifiuto, disprezzo nei confronti dell’Italia sia palpabile.”Il diavolo mi porti” scrive Klee nei suoi diari nel 1902,” se questo è il mio ultimo soggiorno in Italia. Mi sono a poco a poco affezionato a ogni cosa di questo Paese, persino alla gente, le cui cattive maniere mi disgustavano in principio”. L’Italia come viaggio di formazione umanistica di tanti artisti di ogni tempo, che tanta parte ha avuto nella poetica dell’artista; il contrasto tra l’aldiquà e l’aldilà (diesseits-jenseits), celebrato in una poesia del 1920 ” Nell’aldiquà sono inafferrabile./Abito bene con i morti/ come i non nati. Sono/ più vicino al cuore della creazione./ Eppure non abbastanza”.Il viaggio in Italia inteso anche come “eterna nostalgia per il sud”, sud rappresentato nei paesaggi siciliani, inteso da Tulliola Sparagni come “Sud atemporale e dilatato geograficamente nella grande area del Mediterraneo in cui sono riunite la civiltà classica, araba e africana”.
La forte emozione provata da Klee a Villa Adriana a Tivoli”vero paradiso in terra”. “A sera, c’erano atmosfere di una gravità che, stando alle tradizionali descrizioni cromatiche, non ti saresti aspettato in Italia, se non le avessi viste di persona. Tutto questo supera in forza e fantasia, non solo, ma in serietà e nobiltà estetica quanto si è visto sinora,così che il congedo è come venato di una certa malinconia.”
E poi ” La città più bella che abbia visto in vita mia è Genova, con i suoi alti palazzi- ho contato fino a tredici piani- che sanno nascondere splendidamente la miseria.”
Anti eroi, anti conformisti insomma italiani.
Poetici, intensi, colti, come molti italiani. Semplicemente vivi, ricchi di passato, assetati di futuro. Ci appaiono così gli interpreti di questo film dove anche prendere il treno diventa puro lirismo, dove il protagonista disdegna un lavoro che gli porterebbe soldi e prestigio pur di aver modo di coltivare con dignità le proprie passioni. La poesia di frasi che arrivano dalla memoria di un bambino, sapienza di nonne mai dimenticate.
Una colonna sonora, fil rouge del film, perché la vita come la musica ha una potenza creativa a partire dalle piccole cose. La cantante, ora attrice,siciliana Thony cui auguriamo un grandissimo successo.
Punto di vista rovesciato
verde, rapida onda
contro sole,persone piccole dal ponte guardano
il gesto ritmico, potente e coreografico
la barca sottile che danza sul fiume
Nella prigione dei tuoi pochi anni
sottile, invalicabile, trasparente muro
tendi la tua mano affusolata
afferra con tutte le forze ricordi felici
non indugiare
non disperarti
capisco la rabbia, l’inquietudine
lasciati abbracciare!
Il canto buffo di una papera volante
l’incubo della notte,
i suoi fantasmi svaniti
capelli, occhiaie, unghie
l’abisso di un mondo senza amore
la bellezza, i tuoi occhi grandi
capelli arruffati colorati
Le cupole dorate di San Isacco risplendono al lento cadere della neve sottile
I passi scricchiolano e gli alberi di Natale illuminano piazze sconfinate
Palazzo d’Inverno, colori tenui, Neva ghiacciata
Passeggiate, freddo che punge il viso, sguardo sollevato per abbracciare tutto
e cogliere altri occhi assorti, accondiscendenti
Metto i cerotti per non spellarmi le mani mentre remo e butto un occhio alla posta e a twitter sul mio telefono rischiando di fare un passo falso mentre cammino sui sanpietrini.
Mi viene in mente Sarah Jessica Parker nel film Did you hear about the Morgans, il suo terrore di vivere lontano dalle sue connessioni con il mondo. E poi penso all’ esilarante articolo di Annalena Benini su Il Foglio Occhio al tweet, dove la generazione di genitori fruitori di tecnologia viene definitia a ragione il più grande pericolo per i figli del nuovo millennio.
Secondo uno studio condotto in Germania da Wihelm Hofmann dell’Università di Chicago e Katleen D. Vohs dell’ Università del Minnesota la tentazione di connettersi sarebbe più forte di quella di fumare,bere e fare l’amore.
Una chiave di lettura diversa, quasi sublime direi, della necessità, o piacere, di accedere alla rete ce la fornisce Maria Luisa Palumbo, coordinatrice dell’area Re Made in Italy della Biennale di Architettura di Venezia. Il suo libro stupendo Paesaggi sensibili dedica un intero capitolo alla strana realtà del virtuale.
“Dalla palafitta all’areoplano alla rete, noi abitiamo trascendendo continuamente l’ambiente che ci è dato: abitiamo immaginando e costruendo mondi ulteriori. E in essi ulteriori forme di esistenza.” Secondo l’autrice ciò che può aiutarci a capire meglio la strana realtà del virtuale è la fisica quantistica che ci descrive un mondo subatomico caratterizzato dalla impossibilità di osservarlo senza perturbarlo. L’interconnessione comporta una velocità di scambio, di battuta, di pubblicazione di qualcosa che può non essere finito.”..Io intravedo una stupefacente e affascinante convergenza tra le esperienze che indagano sulla trama profonda della realtà fisica ( portandone alla luce gli aspetti connettivi), le esperienze del nostro sentire mentale e le esperienze di apertura della soggettività rese possibili dalla tecnologia di rete.In questa riconciliazione tra la trama sottile della materia e la strana realtà del virtuale, come spazio e come tecnica della convergenza e della connettività, trovo qualcosa di profondamente spirituale. Una possibilità di comunione o continuità tra forme di esistenza differenti, tra cose sino a ieri inconsapevolmente connesse in un’unica struttura di particelle elementari, domani forse unite da un sentire comune.”
Siamo monadi senza finestre, come credeva Leibniz,o per esistere dobbiamo esser-fuori (ek-sistere) sulla rete?
Se dovessi tornare a Parigi vorrei abitare rue du Bac, a due passi dal n 23 di rue Vaneau, luogo dell’anima della mia giovinezza. Non potendo ritrovare quell’ultimo piano con le pareti di stoffa dove un enorme gatto nero amava arrampicarsi sino al soffitto, dove affacciandoti sulla terrazza godevi della vista sulle cupole dorate de Les Invalides, cercherei un albergo storico a due passi, sulla rive gauche, il Montalembert.
In questo autunno un pò strano, mi piacerebbe godermi la splendida mostra su Edward Hopper al Grand Palais, oppure l’allestimento del Musèe du Luvre sugli ultimi anni di Raffaello; non perderei l’esposizione su “L’Impressionisme et la mode” al Musée d’Orsay, senza trascurare piccoli gioielli come il museo Picasso e la mostra “La belle Epoque de Jules Chéret” al Musée Toulouse- Lautrec.
Tornerei a sedermi sulle sedioline del Les Deux Magots e mi perderei nelle librerie della rue Bonaparte.www.grandpalais.fr
www.louvre.frwww.musee-orsay.fr www.museetoulouselautrec.net
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