POSTS BY ILARIA

  • EUROPA JE T’AIME

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    L’ambivalenza del mio modo di vedere i francesi ha diverse motivazioni.
    Quello che oggi mi interessa è raccontarvi una storia. La luce bianca che entra dalle grandi vetrate di una scuola, i sorrisi sereni e i volti mai indifferenti delle persone che si muovono al suo interno.
    Ho incontrato la direttrice diversi anni fa, quando mia madre era ancora viva. Mi è sembrata una francese atipica. Un viso aperto, occhi limpidi e sereni. Uno di quei volti rassicuranti che ti pare di conoscere da quando sei bambina, che trasmettono l’idea di dedizione e serietà.
    Dopo un colloquio in parte in italiano, che lei parla perfettamente, e in parte in francese, corretto da lei che ha l’abitudine dell’insegnamento, ho deciso di mandare mio figlio in questa scuola.
    La mia fiducia è sempre stata istintiva, qualche cosa che non viene dal ragionamento, ma mi rende sicura più di un calcolo matematico. Non ho avuto un attimo di ripensamento.
    Ho trovato sconvolgente, ma anche stimolante il fatto che ogni anno, asilo compreso, i bambini sono abituati al cambiamento. Cambiamento di maestre, cambio di banco a rotazione, per abituarsi a stare insieme a tutti.
    In questa scuola mi sono dovuta abituare all’idea che anche delle aiutanti di laboratorio possano diventare maestre.E qui subentra la diffidenza verso quella presunzione palpabile tipica francese. Presunzione anche di saper insegnare l’italiano comme il faut con il minimo delle ore.
    La maestra di italiano, che sostituiva la storica maestra Toni, non sembrava in grado di svolgere il programma. Ho ingaggiato la mia battaglia, con la mia voce tremula davanti ad una platea di francesi attoniti, ed ho ottenuto la super visione di una professoressa della scuola pubblica italiana. Con buoni risultati. Si è parte di una comunità dove le cose sono organizzate, ma dove è possibile intervenire per dare il proprio contributo, ove necessario.
    L’idillio delle volte si trasforma in incubo quando, alla domanda della professoressa di geografia su cosa si possa fare per lo sviluppo sostenibile, una ragazza francese risponde “educare gli italiani”.
    Un solo episodio, il solito stereotipo  Ah les Italiens!
    Cambiare il mondo è possibile solo se è dato più spazio a persone serie, con occhi limpidi e attenti. Una francese che sembra un’italiana.
    Non esisterà Europa che funzioni senza un profondo reciproco rispetto.

  • LA CONTESSA DI RICOTTA

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    Leggere per la prima volta  un romanzo di Milena Agus in francese. Leggerlo perchè incuriosita dal numero di agosto di Magazine Littéraire che la menziona tra le dieci grandi voci della letteratura straniera insieme a scrittori del calibro  di John Maxwell Coetzee e Mario Vargas Llosa. La capacità dei francesi di scoprire talenti non solo letterari d’oltralpe è indubbia, e spiega la ragione per cui in Italia il successo è arrivato solo dopo la risonanza che il suo secondo romanzo Mal di pietre ha avuto in Francia.
    Essere proiettati nella luce, nei suoni e negli odori del libro che leggiamo. Sembra quasi di vedere il quartiere di Castello di Cagliari descritto come un posto dove poveri e ricchi, intellettuali e ignoranti abitano le stesse case  ed é facile vedere come vivono gli altri perchè le strade sono strette e la gente si parla da una finestra all’altra, da una porta all’altra, si sente tutto d’estate quando si tiene aperto per il caldo.
    E mentre il titolo ci farebbe pensare al nome di una famiglia di antico lignaggio scopriamo che la protagonista è una contessa sì, ma maldestra e con un cuore ferito dalla vita reale. È una creatura esile, poetica, che indugia sull’uscio prima di entrare e che abita il più buio degli appartamenti dello splendido palazzo avito.Molto diversa dalla sorella Maddalena sensuale e disinibita. Così diversa anche da Noemi che si vanta di avere una visione sistematica delle cose, mentre la contessa di ricotta è così attenta ai particolari che le sfuggono, con cui mina quella visione d’insieme. Ci sono giorni magici, però, in cui le tre sorelle si alzano presto, quando non c’è nessuno e  tutto è limpido e i colori sono vivi e si sente un delizioso profumo di pesce fresco, l’aria, la gaiezza della tavola apparecchiata e delle vacanze e la vita non sembra poi così male, “perchè Dio non è affatto un imbecille e sa molto bene quello che fa”.

  • LA PETITE DAME

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     Ci sono cose che non mi riesco a spiegare.Come il costume italico di tradurre i titoli dei film.
    Il bellissimo Intouchables è stato tradotto Quasi amici, tanto valeva il titolo del libro da cui la storia è tratta “Il diavolo custode”. Illuminanti sono le parole dette ai registi dal protagonista della storia vera fate in modo che sia divertente perchè questa è una storia che va trattata con umorismo. Più che un parigino miliardario sembrerebbe un napoletano.
    Chiave di lettura del film è la frase pronunciata da François Cluzet quando, all’avvocato che lo metteva in guardia dal fatto che il suo assistente fosse senza pietà, lui risponde che è esattamente ciò di cui aveva più bisogno. Il bravissimo e divertentissimo Omar Sy adempie magistralmente al compito e ci fa ridere con battute brutali, prive di compassione, esilaranti. E poi penso all’infermiera nera di quell’ospedale grigio alla periferia di Parigi, talmente alta e robusta da far sembrare mia madre una bambina e penso al fatto che la mancanza di grazia di queste persone è stata smentita dal soprannome che diedero a quella signora italiana, dolce e mansueta la Petite Dame.

  • FATHER MARTINI 2

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    “Non ho paura del silenzio, ma mi vado chiedendo, tuttavia, che cosa voglia dirmi il Signore con questa crescente difficoltà che sto da un lato combattendo e dall’altro sto accettando”. Questa frase ci mostra l’uomo prima del Cardinale.
    Mi sembra quasi di conoscere Father Martini il fine biblista che durante la messa all’Istituto Biblico di Gerusalemme indossava una stola multicolore rossa gialla e azzurra così diversa da quella verde degli altri. E lo vedo indebolito dalla malattia recarsi nella redazione del Corriere della Sera il 19 giugno 2012  in mezzo al silenzio e all’imbarazzo che spesso crea il trovarsi di fronte alla sofferenza.
    Per lui la comunicazione non era dire qualcosa a qualcuno dove quel qualcosa si può allargare a livello planetario attraverso il mondo della rete. Egli amava dire che “Un gesto sarà tanto più comunicativo in quanto non solo comunicherà informazioni, ma metterà in rapporto le persone…Essa non è soltanto trasmissione di ordini o proposta di regolamenti ma suppone una dedizione, un cuore che si dona e che quindi è capace di muovere il cuore degli altri”. Andando di persona, malato, ridotto a bisbigliare al suo aiutante le parole che poi egli riferiva, mi sembra che abbia voluto testimoniare, anche nella malattia, e proprio nel momento di maggiore fragilità ciò che lo ha sempre animato: il dono di sé.
    Si consiglia la lettura:
    Colti da stupore di Carlo Maria Martini

  • IL POPOLO DEL LIBRO

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    Vai lontano, fermati a lungo, guarda con attenzione.
    Così  Outside sintetizza in maniera efficace l’etica del viaggiatore globale. Mi sento anche io israeliana identificadomi con i giramondo itineranti che si muovono da un libro all’altro.
    Non si tratta di un libro normale, ma di un’informe e perennemente incompiuta collezione di diari provenienti dai più remoti angoli del mondo. Un libro affascinante che leggo e rileggo Laboratorio Israele, di Dan Senor e Saul Singer, si interroga anche sulle motivazioni che fanno del viaggio una ragione di vita dei giovani israeliani. La sociologa dell’università Ebraica Darya Maoz la chiama onda, secondo altri è semplice necessità di evadere dopo anni di isolamento del servizio di leva.
    C’è un Libro a 3600 metri di altezza a La Paz in Bolivia nel ristorante El Lobo. “I contributi in varie lingue creano un aleatorio, al tempo stesso frustrante e meraviglioso carnevale di idee, appelli, vanterie e numeri telefonici obsoleti” e nonostante il Libro non sia esclusivamente israeliano, i suoi autori e i suoi lettori sono per lo più persone venute da Israele. “Vivere qui, circondati da nemici, induce un senso di prigionia mentale. E appena il cielo si apre, prendi il largo”.

  • GUBBIO

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    Un’amaca sospesa sul prato verde
    profumo di mentuccia
    il corpo si abbandona al leggero dondolio
    Il cedro del libano
    ricordi dell’anima e ferite ormai sanate ondeggiano
    come il corpo

  • PIETRE

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    Pietre consumate,
    calpestate, lucide,
    sporche, délabrées
    Eppure belle, odorose
    vissute, felici

  • ELENA, MIA MADRE

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    Con un tratto definisce emozioni
    ricerca di bellezza
    esteta senza fine
    amore sconfinato
    mare blu cobalto
    occhi come il mare
    Amore puro come una pietra introvabile
    più rara della vita vera

  • VIAGGIO

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    Aeroporto, valigie
    gins, lavamani.
    Decollo con ansia
    nuovo viaggio, avventura dell’anima
    Parigi o cara
    Il Deauville, croque monsieur e croque madame
    TGV atlantique, Perros Guirec
    Nous sommes très heureux d’etre ici

  • SEPTEMBER 22

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    www.castracane.it
    Luoghi del cuore
    ascoltare l’eco dei propri passi su pietre levigate
    essere stranieri a sè stessi e al mondo
    saper gioire della bellezza e con essa risplendere